Non ci sono notizie sicure sulla data dell’arrivo di Dante a Ravenna ma è noto che, dopo il soggiorno a Verona, alla corte di Cangrande della Scala, Dante accettò l’invito del signore di Ravenna, Guido Novello da Polenta, che accolse il poeta con gli onori che meritava, offrendogli la possibilità di coltivare i suoi studi e di terminare la stesura della Commedia. È probabile che avessero accompagnato il poeta la figlia Antonia, poi monaca con il nome di suor Beatrice nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi, e i figli Pietro e Jacopo.
La memoria di Dante a Ravenna si conserva in particolare nella zona del Silenzio che comprende la Tomba del poeta, il Quadrarco di Braccioforte, la chiesa di San Francesco e il complesso conventuale francescano; tracce della Ravenna trecentesca, dove Dante trascorse i suoi ultimi anni, sono ancora visibili anche in altri luoghi: le case dei Da Polenta e quella dei Traversari, famiglie ricordate dal poeta nella Commedia; la pineta nei pressi della città, citata nella descrizione del Paradiso terrestre, nel canto XXVII del Purgatorio; infine i monumenti tardoantichi che ospitano i mosaici, la cui luce pare riflettersi anche in certi passi danteschi, dal ricordo di Giustiniano (Paradiso, canto VI, 10-12) alla mistica visione nel Paradiso (Paradiso, canto XXXIII, 142-145).
Nel 1321, impegnato per conto di Guido Novello in un’ambasceria a Venezia, contrasse durante il viaggio la gravissima febbre che gli fu fatale: costretto a tornare a Ravenna, morì nella notte tra il 13 e il 14 settembre.